Star Trek: TOS – S03E03, Il paradiso perduto

theparadisesyndromehd1170Il paradiso perduto (The Paradise Syndrome) è un po’ Pocahontas, un po’ Avatar, un po’ l’ispirazione per Una vita per ricordare (The Inner Light, quinta stagione di The Next Generation), e un po’ chissà quante altre cose. E infatti ci sono tante cose buone da dire su questo episodio! Però ce n’è anche una per niente positiva che voglio subito mettere in chiaro.

È patetico come attrici ed attori bianchi siano stati usati per interpretare native e nativi americani. So perfettamente che era pratica comune a Hollywood al tempo (basti pensare all’altrettanto patetico personaggio cinese interpretato da Mickey Rooney in Breakfast at Tiffany’s, Colazione da Tiffany, nel 1961), ma da Star Trek mi sarei aspettato qualcosa di meglio. Semplicemente, è impossibile prendere sul serio dei bianchi caucasici che imitano i poveri nativi americani, un tempo massacrati senza pietà e poi privati pure del diritto di interpretare sé stessi nei film e in televisione. Che tristezza.

Se passiamo sopra questo difetto grosso come una casa di Il paradiso perduto, possiamo anche concentrarci su una storia appassionante che funziona sia nella sua parte fantascientifica sia in quella più sociale. L’Enterprise è intenzionata a deviare un asteroide in rotta di collisione con un pianeta molto simile alla Terra (strano!) dove vivono dei nativi americani. Stavolta, finalmente, viene data una spiegazione di un fenomeno così improbabile! Un’antica razza chiamata i Preservers, i Conservatori, andavano in giro per la galassia a salvare specie in via d’estinzione riposizionandole su pianeti simili ai loro pianeti natali. Ecco perché ci sono così tanti umanoidi in giro, esclama pure il dottor McCoy!

Insomma, per farla breve il capitano Kirk ha un incidente e viene lasciato disperso sul pianeta mentre Spock corre a deviare l’asteroide. A causa del fallimento di quest’ultimo, incredibile ma vero (certo, non è facile lavorare con McCoy che gli urla nelle orecchie puntute tutto il tempo), passano due mesi prima di poter recuperare il capitano. In questi due mesi, quest’ultimo (che ha sofferto un’amnesia quasi totale) entra a far parte della tribù indiana e viene considerato un dio, ottiene il rispetto del saggio Goro (Richard Hale), comincia una relazione con la bella Miramanee (Sabrina Scharf) e si attira le ire di Salish (Rudy Solari).

Mentre la storia d’amore non è per niente ben girata o recitata e segue tutti i possibili cliché della TV e del cinema degli anni Sessanta (ma perché due amanti si devono inseguire per i boschi ridendo? Io non ho mai inseguito per gioco nessuna delle mie ragazze in vita mia, sono strano io o sono strani gli anni Sessanta?), il finale è tutt’altro che banale. I cambiamenti atmosferici causati dall’avvicinarsi del meteorite fanno ribellare il popolo contro Kirk e la sua bella che vengono presi a sassate. L’arrivo di Spock e McCoy in extremis riesce ad evitare la distruzione del pianeta grazie alla riattivazione del dispositivo anti-meteoriti dei Preservers, ma non riesce ad evitare la morte di Miramanee che, per giunta, era incinta di Kirk!

Il finale è davvero struggente, con il capitano che data l’amnesia aveva investito tutto sé stesso nella vita nel villaggio e si era davvero innamorato di sua moglie. Perderla così, per l’invidia del rivale in amore e per motivi non dipendenti dalle sue azioni, è un colpo veramente forte e Kirk ne esce ferito, così come noi spettatori, in un chiaro parallelo col finale di Una vita per ricordare quando Picard si trova solo sull’Enterprise D a suonare col flauto la canzone che aveva imparato nella vita in cui si era sposato ed aveva avuto due figli. Quell’episodio è un vero e proprio capolavoro di The Next Generation e credo che non esisterebbe senza questo Il paradiso perduto della serie originale, che ancora una volta ci regala un’idea innovativa parzialmente rovinata soltanto da discutibilissime scelte di casting. Ciao!


Episodio precedente: Incidente all’Enterprise

Episdio successivo: Sul pianeta Triacon


17 risposte a "Star Trek: TOS – S03E03, Il paradiso perduto"

  1. Eh, ma qui si sta copiando “White Comanche” (1968) che Shatner aveva appena girato, interpretando un bianco cresciuto fra gli indiani interpretati da non indiani 😀
    Scherzi a parte, per puro caso le mie ricerche mi hanno fatto imbattere in due episodi di “Deep Space Nine” praticamente identici, in cui uno dei protagonisti principali si innamora di una donna ma poi l’amore svanisce quando lei ritrova la memoria. Evidentemente era un marchio di fabbrica Star Trek!
    P.S.
    Sono cresciuto con in TV Burt Lancaster, Charles Bronson e Boris Karloff che facevano i pellerossa, quindi non mi stupiva affatto trovare indiani-non-indiani anche in “Star Trek”, pur trovandolo sempre ridicolo. La cosa strana è che adesso accusano gli americani di whitewashing, quando è una delle colonne su cui è nata Hollywood!

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    1. Eh, d’altronde queste storie d’amore usa e getta bisogna farle terminare in qualche modo, e la memoria é una scusa buona come qualunque altra! X–D

      ‘Sta cosa del whitewashing é proprio vecchia come il mondo (in Touch of Evil Charlton Heston che fa il messicano é un altro esempio che mi viene in mente), ma ora che c’é un po’ piú di sensibilitá al riguardo stiamo andando verso l’opposto con la Disney che fa i personaggi usando quote di minoranze in base ai mercati di sbocco dei film…

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      1. E’ il movimento dell’elastico: prima si tira tutto da una parte, poi per reazione si va dalla parte opposta, e solo dopo finalmente si arriva ad un moderato centro. Per cento anni di cinema Hollywood ha usato razzismo, xenofobia, maschilismo e qualunquismo come base narrativa: ora l’elastico sta andando dalla parte così opposta da raggiungere lo stesso livello di insopportabilità. (Dell’ultimo “Charlie’s Angels” sono riuscito a resistere non più di un quarto d’ora: è puro razzismo becero, anche se di segno opposto a quello a cui siamo abituati.)
        Forse fra cento anni avremo un cinema americano meno schiavo di preconcetti, ma la vedo dura. Facciamo mille anni 😀

        Per le storie d’amore il metodo migliore era il Modello Yattaman: alla fine di episodio si molla la tipa di turno dicendo “Tornerò, te lo prometto”. E via, verso un altro porto con un’altra tipa 😀

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        1. Direi che la metafora dell’elastico é perfetta per descrivere quello di cui stiamo parlando, complimenti! :–)

          Star Trek é piú sofisticato di Yattaman, quindi si inventa memorie che ritornano, fantasmi che scompaiono, pianeti che scompaiono, navi stellari che devono andarsene, vecchi amanti che ritornano, morti improvvise, ologrammi che scompaiono… X–D

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  2. Per quanto innovatrice e progressista, purtroppo Star Trek si trovava a a sua volta a dover sottostare alle famigerate e discutibili(ssime) scelte di casting considerate come pratica comune, tra le quali appunto il far interpretare i nativi americani a degli americani tout-court (in pratica, gli oppressori che interpretano gli oppressi)… chissà, se quest’episodio non avesse fatto parte dell’ultima e travagliata stagione della TOS forse avremmo potuto assistere a un inizio (perché le resistenze ci sarebbero di certo state) rivoluzione anche in questo campo. Per il resto, e al netto dei soliti difettucci “sentimentali”, non ci troviamo certo di fronte a una storia banale, che ha l’ulteriore pregio di introdurre una nuova razza aliena nell’universo Trek e cioè quei Preservers (tradotti nel doppiaggio come Protettori) che Shatner riutilizzerà nei suoi romanzi, mostrandoci quanto davvero alieni e potenti siano (il dispositivo anti-meteoriti è poco più che un giocattolino rispetto alle loro reali capacità)… 😉

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    1. Infatti era un’idea affascinante quella dei Preservers! Poi dimenticata del tutto nell’episodio di TNG dove Federazione, romulani e klingon scoprono che tutti gli umanoidi hanno un’origine comune nella Galassia, tra l’altro!

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      1. Episodio che mi ha fatto conoscere proprio Giuseppe, e che è in pratica stato plagiato dallo Scott sbagliato nella sua crociata aliena. Prima di ucciderli nella culla, i suoi Ingegneri sono in pratica copia-e-incollati dalla razza che ha lasciato parte del suo DNA in giro per la galassia, come raccontato in quell’episodio di TNG. (Mi sembra scontato dire che quell’episodio vale più di Prometheus e Covenant moltiplicati alla mille!!)

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      2. Verissimo! Va detto però che Shatner ha avuto un occhio di riguardo, visto che i suoi Preservers non entrano in contraddizione con la specie umanoide primordiale scoperta dall’archeologo Richard Galen: questa rimane comunque interna alla nostra galassia ed è responsabile di quello che rivela l’episodio di TNG da te citato, mentre i Preservers sembrano non appartenere nemmeno al nostro universo (se mai leggerai i romanzi del nostro Bill, non voglio anticiparti troppo)… 😉

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  3. Piccolo quasi-OT per farti capire il livello di follia che m’ha preso per “colpa” tua 😀
    Sapevi che Andrew Robinson, l’attore che per anni ha interpretato il cardassiano Garak in “Deep Space Nine” alla fine… ha scritto un romanzo per raccontare il destino del personaggio dopo la chiusura della serie? Capisci che non potevo resistere, e l’ho schedato nel mio blog-database “Gli Archivi di Uruk“, traducendo trama e incipit.
    Capisci che mostro che hai creato??? 😛

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  4. Continuo a tartassarti, perché visto che lo Star Trek dell’Abramverse sembra ormai defunto, almeno hanno permesso che continuasse a vivere tramite i romanzi: è appena uscito (solo in digitale per via della quarantena) un romanzo inedito del decano Alan Dean Foster coi personaggi dello Star Trek di J.J. Abrams, oggi su Uruk in traduzione esclusiva!
    Per evitare di dover litigare coi fan, Foster lo ambienta in una “linea temporale alternativa” nata dall’incidente col viaggiatore spaziale romulano del primo film, così evita polemiche 😛

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    1. Fai sempre bene a scrivermi di Star Trek! Always appreciated!!!

      Non che sia un fan degli Star Trek di Abrams e di tutto ciò che hanno creato… ma comunque seguo quello che succede pure lì (il cosiddetto New Trek così diverso da Star Trek)! :–)

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