Ghost Dog: The Way of the Samurai: recensione del film

ghost-dog-the-way-of-the-samurai-1999-006-jim-jarmusch-forest-whitaker-filming-00n-1rxGhost Dog: The Way of the Samurai (Ghost Dog: il codice del samurai) è un film del 1999 scritto e diretto da Jim Jarmusch con Forest Whitaker protagonista. Dopo aver dimostrato di essere cresciuto notevolmente negli anni sia come regista che, soprattutto, come sceneggiatore, Jarmusch qui firma uno dei suoi film migliori. Tutti gli elementi del film funzionano su più livelli e i suoi temi sono ben sviluppati e risultano molto interessanti. Come Dead Man (1995), anche questo film si discosta dagli usuali canoni iniziali del regista (quelli della prima decade della sua carriera) dei vari Permanent Vacation (1981), Stranger Than Paradise (1984), Mystery Train (1989) e Night on Earth (1992) e si incentra su qualcosa di nuovo: l’esplorazione di un mondo in via d’estinzione come quello dei mafiosi italoamericani dal grilletto facile tanto caro a Scorsese, per citare un regista che l’ha portato sul grande schermo più volte.

Jarmusch decide di farlo a suo modo, attraverso gli occhi di un altro personaggio strano (paragonato ad un orso), un assassino di quella stessa mafia che però si ispira ai principi degli antichi samurai con un fortissimo senso dell’onore. Quando al suo capo viene ordinato di farlo fuori, cominceranno i problemi per i mafiosi.

Forest Whitaker interpreta divinamente il killer dai solidi principi che è talmente devoto al suo padrone da essere pronto a sacrificarsi per lui. Il personaggio potrebbe ricordare un po’ quello di Jean Reno in Léon di Luc Besson (uscito cinque anni prima), ed è curioso che anche questo ad un certo punto faccia amicizia con una bambina (Pearline, interpretata da Camille Winbusch). Il fatto che si trovi a suo agio solo coi suoi piccioni ammaestrati e che il suo miglior amico sia un venditore di gelati haitiano che parla solo francese (Isaach De Bankolé, già visto in Night on Earth) lo rendono decisamente memorabile. Ghost Dog, questo il suo nome, diventa così un personaggio a cui ci si affeziona, tragico nonostante sia un uomo che per vivere uccide altri uomini su commissione: non è facile creare un personaggio così e Jarmusch c’è riuscito alla grande!

Anche i gangster che guardano cartoni animati tutto il giorno e che sono praticamemte in bancarotta (tutti gli edifici dove risiedono sono in vendita, e pare abbiano problemi a pagare i loro affitti) sono tutti notevoli. Tutti imparentati tra di loro, passano le giornate a pianificare vendette trasversali insensate e dimostrano in più occasioni di essere degli inetti con le armi da fuoco, cosa che dovrebbe essere il loro pane quotidiano.

Ma al di là dei personaggi splendidi, il film è costruito con una solidità che forse non si era ancora vista nella filmografia di Jarmusch fino ad allora. Prendendo spunto da numerosi passaggi del libro Hagakure: The Way of the Samurai di Yamamoto Tsunetomo, Jarmusch costruisce una storia che non solo omaggia la figura del samurai, ma anche il cinema giapponese di registi importanti come Akira Kurosawa e Seijun Suzuki. I parallelismi sono talmente tanti che sarebbe impossibile ricordarli tutti. Il cadavere dell’orso che fa presagire la sorte di Ghost Dog, i cartoni animati che sono collegati agli avvenimenti del mondo reale (da Betty Boop coi piccioni a Itchy e Scratchy che fanno un duello prima di quello tra Ghost Dog e Louie, John Tormey), i diversi punti di vista nei flashback come nel libro che passa di mano in mano fino a tornare alla figlia di Vargo (Tricia Vessey, mentre il padre è interpretato da Henry Silva)…

Torna anche il tema dell’ambiente che già si era visto in Dead Man e che poi tornerà prepotentemente nell’ultimo film di Jarmusch, The Dead Don’t Die. Altra cosa che torna da Dead Man è Gary Farmer, che tra l’altro ripete pure una delle sue linee di dialogo più importanti di quel film: “Stupid fucking white men“, cioè “Stupidi fottuti uomini bianchi“!

E a proposito di ritorni, qui la colonna sonora è di RZA che sarà in uno degli undici episodi di Coffee and Cigarettes uscito quattro anni più tardi. E Whitaker, che aveva interpretato Charlie Parker nominato più volte in Permanent Vacation nel film Bird (1988), qui compra il becchime per i suoi piccioni in un negozio chiamato Birdland, come il locale che omaggiava proprio il musicista afroamericano…

Insomma, mi fermo qui, ma ci sono davvero mille cose di cui si potrebbe parlare in Ghost Dog: The Way of the Samurai. È un thriller che non dimentica l’umorismo, con una grande attenzione alla musica, con una sceneggiatura scritta benissimo, con un Whitaker eccezionale protagonista, e girato davvero bene da un Jarmusch ormai in grado di fare quello che vuole in quanto affermato sceneggiatore e regista del cinema indipendente statunitense. Uno dei pochi che può permettersi di lavorare solo a progetti in cui crede, che si scrive da solo e con una libertà che viene concessa a pochi altri. Chapeau! Ciao!


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10 risposte a "Ghost Dog: The Way of the Samurai: recensione del film"

  1. Ho un ricordo vivissimo dell’attesa di questo film, di cui mi gustavo i trailer in TV appena li beccavo. Ricordo che non vedevo l’ora arrivasse su Tele+ (all’epoca mia principale se non proprio unica fonte di cinema) e nutrivo grandissime speranze in lui: purtroppo non ricordo nulla di quell’unica visione, vent’anni fa, se non che ci rimasi male. O malino? Non so, ricordo solo che non era minimamente come mi aspettavo – molto più legato al codice del samurai, in una fusione di cultura nipponica e afroamericana – e la delusione fu così cocente che non ho mai più voluto rivederlo. Magari oggi, con aspettative più basse, mi piacerebbe 😛

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    1. I trailer sono sempre ingannevoli… da Jarmusch non c’era da aspettarsi un esplosivo cocktail d’azione e thriller come veniva presentato questo Ghost Dog! Per me davvero interessante e ben fatto, ma io ho un debole per Jarmusch quindi forse non faccio testo. Mi piace leggerlo anche all’interno della filmografia del regista come una crescita notevole in quanto a doti di sceneggiatore, se non di regista. E la cultura nipponica a Jarmusch piace, aveva ficcato dei giapponesi pure in Mystery Train! :–)

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  2. Insieme a “Dead man” è il mio Jim Jarmusch preferito. Unisce il Bushido, i cartoni animati (una chiave di lettura del film da non sottovalutare) i mafiosi ciccioni per dipingere una realtà che esiste solo al cinema, avere una colonna sonora da urlo aiuta, aiuta non poco 😉 Cheers

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    1. Anche io direi che l’accoppiata Dead Man – Ghost Dog è quella che più mi impressiona del Jarmusch pre-2000! Alla fine a me lui piace praticamente sempre (Paterson e Coffee and Cigarettes son quelli che mi hanno convinto meno), però si nota che su questi due film fece un gran lavoro di sceneggiatura con più piani di lettura che mi colpiscono sempre quando riguardo questi due film!

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