Dialogo recensione, per raddoppiare il casino.
EvilAle / SamSimon
Ma perché nel cinema The Space c’è la pubblicità del cinema The Space?! Sono già dentro! Più dentro di dentro, cosa vuoi che faccia? Perché poi ce ne sono tante di queste pubblicità, non è che te lo dicono una volta, ci picchiano anche tre o quattro volte.
SONO GIA’ LI! Smetti di ricordarmelo.
Ma non divaghiamo e partiamo a bomba con qualche spoiler.
Eh no! Aspetta, caro il mio EvilAle! Stavolta non parti a bomba con i tuoi soliti cinquemilacinquecento caratteri! Ghost in the Shell l’ho visto pure io, tra l’altro proprio mentre lo vedevi te (Facciamo flick e flock! Mi dia il mignolo! – Il Secondo Tragico Fantozzi di Luciano Salce 1976), quindi se ne parla insieme! Che idea brillante, eh?
Deh, ma scherzi? Invece mi garba davvero come idea! Hai cose interessanti da dire, SamSimon?
Ma naturalmente! Poi con tutto quello che so di Ghost in the Shell! Diciamo che la cosa più interessante che ho da dire è che nel cinema dove l’ho visto io, e che si chiama Avenida Cinco Cine, non hanno mandato la pubblicità del The Space. Però in compenso hanno mandato come sempre la pubblicità di una catena europea di cinema di cui l’Avenida Cinco Cine fa parte: con una musichina tutta ritmata ti fanno vedere mille nomi di città che fanno parte della rete. Inutile dire che ogni volta la trovo sempre utilissima, quasi quasi il prossimo film lo vado a vedere in un cinema a Oslo invece che dove vivo io.
Interessantissimo. Io invece torno al The Space, la pubblicità mi ha convinto. E soprattutto nelle immediate vicinanze non c’è un cinema degno di questo nome. Via, parto io allora.
Premetto con il dire che non sono un fan accanito del brand Ghost in the Shell, lessi il manga in adolescenza ma sinceramente l’ho rimosso, cosa che mi ha portato a riprenderlo in mano in questo periodo. Pur conoscendo abbastanza bene l’anime omonimo del 1995 per la regia di Mamoru Oshii (che ho anche rivisto meno di un anno fa), posso dire con certezza che fino ad ora nessun prodotto del brand mi ha lasciato il segno.
Nonostante questi sentimenti freddini verso Ghost in the Shell, mi è entrata la curiosità quando ho visto per la prima volta il trailer del film di questo anno per la regia di Rupert Sanders, chiamato nuovamente e senza troppa fantasia Ghost in the Shell.
Ecco, vedi, invece io mi ci sono avvicinato in modo diverso. Visto che evito i trailer, che come tutte le forme di pubblicità mi fanno solitamente orrore, mi c’è voluto il mio amico Kimon che in un inusuale slancio di bassa produttività lavorativa è apparso nel mio ufficio e mi ha chiesto se mi andava di vedere ‘sto Ghost in the Shell. “Non ne so nulla“, gli ho detto, e lui mi ha risposto che invece ne sapeva tutto (manga, film, serie, altri film…) ed era curioso. E così siamo andati, con una curiosità, la mia, del tutto “vergine”.
Se non mi interrompessi tutti i secondi con questi commenti interessantissimi, non perderei il filo del discorso… Dicevo: perché mi sono incuriosito se il brand mi lascia indifferente? Perché ho sperato che correggessero gli errori che secondo me sono numerosi nell’anime del ‘95, che poi è anche il prodotto più noto del marchio e l’opera da cui il film di Sanders prende a piene mani le idee per lo splendido comparto visivo che va a costruire.
Errori? Davvero? Nell’anime del ‘95? Mi dispiace far imbestialire tutti i fan sfegatati dell’opera, ma trovo quel lungometraggio molto frammentato e narrativamente sconclusionato.
Non fraintendetemi, ne riconosco i valori tecnici (le animazioni e i disegni sono più che buoni) e il peso che ha avuto sul cyberpunk anni 90, alla fine è un punto fermo nell’immaginifico collettivo del genere, e se è considerato cult un motivo ci deve essere.
Personalmente lo considero di poco impatto a causa di una narrazione frammentata e poco chiara che dà per scontato molti passaggi, non esplora la psicologia dei personaggi secondari alla protagonista, e dà per assunto tanta lore dell’ambientazione che inevitabilmente sfuma e svanisce sullo sfondo fino a sparire. E’ un anime che guardo e poi scordo, lo trovo sinceramente inconcludente, capisco gli intenti e apprezzo come ricerca una narrazione particolare che esca dai normali canoni per proporci un prodotto che possiamo considerare innovativo, ma alla fine vedo questi suoi sforzi come un fallito tentativo di riassumere una più vasta opera (il manga) in poco meno di due ore, portando inevitabilmente ad una difficoltà narrativa non giustificata che crea un muro tra spettatore e opera, muro che rende difficile cogliere tutte le sfumature. Muro che forse fa cadere un velo di mistero sulla narrazione, ma che inevitabilmente le tarpa ali.
Mi diceva Kimon (che qui fa un po’ la parte dell’etiope che “c’aveva ragione” in Ecce Bombo di Nanni Moretti, 1978) che i difetti di quel film d’animazione giapponese (te lo chiami anime perché sei più tecnico) sono innegabili e forse anche un po’ voluti, ma che non ci si dovrebbe limitare a giudicare quel prodotto. Per esempio, mi diceva che la serie del 2002 è un’altra fonte importante riguardo all’universo Ghost in the Shell (quella che si chiama: Ghost in the Shell: Stand Alone Complex). Lì si sviluppano le avventure della squadra della protagonista sia con episodi a sé stanti, sia con episodi legati da una trama più a lungo termine che sviluppa la mythology (ecco un termine tecnico!), e che poi è stata raccolta in almeno un paio di lungometraggi animati. Inoltre, non è raro che i prodotti giapponesi degli anni 90 fossero complessi, forse volutamente complessi, e con tante informazioni nascoste agli spettatori. Certo che, se giudichi il prodotto a sé stante, capisco che le tue critiche possano avere un senso. E aggiungo, di sicuro Hollywood non ha seguito questa strada: più semplice della trama del Ghost in the Shell che abbiamo appena visto al cinema direi che non ce n’è!
Giusto, precisiamo che io baso la mia analisi sui prodotti che ho potuto visionare, di sicuro in una saga così vasta c’è molto di più da tenere in considerazione. Comunque è innegabile che l’opera di Sanders si ispiri tanto all’anime di Oshii e quindi non è del tutto errato porlo a paragone.
E sì, la trama di questo film di Sanders è molto lineare, e in questo il film ha soddisfatto a pieno le mie aspettative! Infatti Ghost in the Shell con protagonista la sempre splendida Scarlett Johansson è un film chiaro, che segue una narrazione precisa e pulita e che tenta, seppur fallendo in certi casi, di dare una psicologia a tutti i personaggi che poi vanno a comporre la trama dell’opera. Se questa cosa è positiva da un lato, infatti riusciamo a capire con relativa semplicità i condivisibili intenti morali del film, è anche devastante dall’altro perché banalizza tremendamente tutta la baracca proponendoci un plot rivisto e strabordante di cliché e che veicola i suoi concetti in modo molto puerile.
Sono d’accordo con te: la trama mi è parsa molto banale, e un po’ è caduta nella trappola che temevo prima di andare al cinema. Mi domandavo: sarà il solito film di supereroi con la nascita del personaggio, e poi con gli obbligatori trenta minuti finali di cazzotti nel viso senza una goccia di sangue contro orde di mostri in CGI e che portano all’incarcerazione dell’anonimo cattivo di turno? E purtroppo la risposta è un quasi sì… Il film dà l’impressione di voler essere una storia di origine, con Scarlett che non sa da dove viene ma vuole investigarlo, e con i vari membri della sua squadra che ci vengono presentati sí uno ad uno, ma sono molto secondari (volendo, c’è pure l’origine del grossone senza gli occhi, vediamo il momento in cui li perde – e ora che ha perso la vista ci vede di più, c’avevano ragione i Dream Theater!) (La lotta delle parentesi andrebbe evitata, lo dico per il futuro. Comunque non sono i Dream Theater ma Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore del 1988, i Dream Theater hanno usato la campionatura della frase del film) Ah… Vabbè. E il cattivo è davvero ma davvero anonimo. Spiace dirlo, ma è così difficile scrivere un cattivo come si deve? Eppure tutti sanno che un film d’azione funziona se c’è un cattivo all’altezza. Non ti dico uno memorabile come Hans Gruber di Alan Rickman, il Pinguino di Danny De Vito, o Roy Batty di Rutger Hauer (che poi gli ultimi due erano davvero così cattivi?), però almeno che ci mettano qualcuno che non si faccia dimenticare otto secondi dopo la fine del film! Scusa lo sfogo… Dicevi del messaggio, no?
Sì, ecco, torniamo a parlare di cose serie. Sanders vuole darci un messaggio, è chiaro il suo intento con Ghost in the Shell: ci parla della tecnologia che stritola l’uomo, della perdita di umanità davanti al potere e al denaro, di affetti e di accettare il diverso come se questo non fosse tale. Tutto condivisibile, tutti concetti che sposo al 100%, e tutte cose che già l’opera originale proponeva, così come appaiono anche nell’anime del ‘95. Questi intenti però non sono mai stati banalizzati nelle opere precedenti a questo lungometraggio live action. Forse sono stati veicolati con difficoltà perché la distante cultura asiatica usa dei metodi narrativi difficilmente fruibili dalla massa occidentale, forse perché questi metodi narrativi spesso si prendono troppe concessioni e tendono a sbagliare, e queste concessioni creano barriere comunicative difficilmente aggirabili. Ma di sicuro non c’è spazio per la banalità.
Invece Sanders, nel suo rendere fruibile al pubblico occidentale qualcosa che era a suo modo unico, ci porta verso il fiume della banalità che non straripa durante la prima ora di film ma che nelle sue battute finali si fa sentire con eccessiva forza: la corporazione che sfrutta i deboli e gli oppressi per i suoi scopi, il capo di questa che si rivela come vero antagonista (spoiler alert! Vabbè, il cattivo si capiva al minuto due… ho già detto che il cattivo è davvero orrido?), la dottoressa che fa gli esperimenti e che poi si redime, la protagonista che si ribella alla sua organizzazione e che ritrova la sua natura sottolineando il fatto con le classiche frasi sulla redenzione del genere umano, il secondo antagonista tormentato (Michael Pitt) e per giunta troppo belloccio per reggere quella parte, con una motivazione giustificata e forte ma trasmessa in modo eccessivamente banale… i dialoghi tra di lui e Scarlett poi sono il massimo del risentito!
“Rimani con me” “Non posso“
“Io e te siamo uguali” “Io non sono come te“
“Ti amo” “Lo so“
Lasciamo stare Star Wars! Quella frase è l’anti cliché per eccellenza. Che bellezza. E non divagare! Insomma, Sanders ci regala un prodotto visivamente formidabile, con un’idea cyberpunk molto moderna rispetto a quello che poteva essere l’immaginifico del genere negli anni ‘80 o ‘90, con dei colori fantastici e una messa in scena un po’ troppo iconica ma sicuramente d’impatto, però banalizza il brand e veicola i messaggi come farebbe un bambino, e come abbiamo visto in altri film occidentali meno lodevoli ma che comunque vogliono fare la moralina al genere umano, mi viene in mente i Trasformers di Michael Bay del 2007, per dirne uno, che può anche essere divertente ma ha uno screenplay da seggiolate nelle gengive.
Michael Bay? Tendo a dimenticare che riesci a vedere dei film di Michael Bay, a me viene il mal di mare dopo un minuto (Un minuto = quarantacinque tagli e diciotto scavalcamenti di campo)! I dialoghi non sono niente di memorabile, sono d’accordissimo. E poi sono stato l’unico a notare una certa influenza di The Dark Knight di Nolan? Tipo quando con gli occhialini cerca la gente nell’edificio (stesse immagini di quando Batman usa i cellulari per ‘mappare’ l’edificio dove il Joker ha tutti gli ostaggi, nella scena delle barche con gli esplosivi), tutte le riprese dall’alto con lei in piedi al bordo degli edifici, addirittura c’è un pezzo che quasi parola per parola riprende il “I’m the hero Gotham needs, I’m not the hero it deserves“… o magari le referenze di tutta sta roba sono il film del ‘95 e quindi è Nolan che si è ispirato!
Diciamo che Nolan con il suo The Dark Knight riprende tanto le idee visive dei film super eroistici dei primi 2000, in cui era pratica comune proporre immagini forti dei protagonisti in contemplazione della città da un luogo alto, come appunto fa sempre Nolan con Batman Begins (2005) ma come poi rivedi in quasi tutte quelle produzioni: Spiderman di Raimi, Daredevil, Blade, Catwoman ecc…
Questo film di Ghost in the Shell, come si è già detto, prende tanto dall’anime del ‘95 che gioca molto sulle altezze e sull’uso della tecnologia impiegata in tattiche militari. In più certe scene sono rifatte pari pari dall’opera animata, vedi lei che si butta dal palazzo, che sfonda la finestra, che si immerge, o l’iconico combattimento sul velo dell’acqua o con il ragno meccanico.
Direi quindi che il film di Sanders si ispira come prima cosa all’anime. Ci sono delle similitudini con altre cose, ovviamente, perché lo stile di quel film di animazione è entrato nell’immaginifico comune e ha segnato dei punti fermi da cui è difficile staccarsi, cosa che poi hanno fatto anche i Batman di Nolan che hanno praticamente dettato moltissime delle linee guida per i film d’azione commerciali moderni. Credo che comunque le similitudini tra i due film siano una coincidenza, o un’evoluzione ovvia di un prodotto che essendo film commerciale moderno prende degli stilemi rodati per funzionare (vedi Batman Nolaniano) ma ispirandosi a opere pregresse coglie a piene mani anche da quelle (vedi anime e manga di Ghost in the Shell).
Ha senso. Tornando a quello che dicevo: secondo me il punto è che quando uscì Ghost in the Shell fu rivoluzionario, e fu una delle prime cose cyberpunk mai create (insieme ai lavori di William Gibson e Bruce Sterling), mentre più di venti anni dopo un film come quello di Sanders non ha niente di dirompente, non propone nessuna novità. È, probabilmente, superfluo e trascurabile. È un film che si lascia vedere? Sì. Ha pregi e difetti? Sì. Ce lo ricorderemo tra cinque anni? Probabilmente no. Ghost in the Shell rimarrà nell’immaginario collettivo, se rimarrà, per i suoi primi contributi, di certo non per questo film con Scarlett Johansson.
Concordo. Nonostante i suoi difetti però, posso tranquillamente dire che questo film di Ghost in the Shell mi ha divertito e che alla fine lo preferisco alla sua controparte animata del ‘95 che purtroppo non mi arriva. È vero che è più banale, ma almeno mi ha suscitato delle emozioni; è vero che i dialoghi in certi casi sono stereotipati ma almeno mi hanno dato un messaggio su cui ragionare; è vero che il film di Sanders paga tanto il volersi vendere ad un pubblico facile ed occidentale, ma è anche vero che senza troppi inciampi di trama ci racconta una storia apprezzabile e con dei nobili intenti.
E voi cosa preferite?
Sei passato al voi? Mi porti rispetto, mi piace…
No… mi rivolgevo ai lettori del blog.
Ah…
Dicevo, preferite l’originalità anche se più criptica o la banalità chiara ma che ci racconta qualcosa che possiamo apprezzare?
Guarda, io penso che la cosa che mi è piaciuta di più di questo film è che mi ha fatto venire voglia di vedere quello del ‘95, mi è entrata curiosità. Il piano è di vederlo domani sera. Non so se mi piacerà di più o di meno, però questa la considero una cosa positiva: ho visto un mondo potenzialmente interessante in Ghost in the Shell, anche se la storia raccontata da Sanders mi ha interessato abbastanza poco, e voglio investire un’ora e mezzo almeno per vedere quel film lì. E poi vediamo se cercherò altro materiale o mi fermerò (più probabilmente la seconda, visto che in tre mesi ancora non sono riuscito nemmeno a finire la quarta stagione di Sherlock, e sono tre episodi in tutto!). E magari grazie al film di Sanders mi sembrerà più chiara la trama del film del ‘95!
A me di questo film sono rimaste le bellissime immagini visive che propone, una morale condivisibile e diretta, e lo splendido Takeshi Kitano che ammazza la gente a pistolettate. Ne riparliamo appena hai visto altra roba, allora! E ora… addio.
Ci sentiamo su Steam!
Ah, sì, e basta con questi dialoghi sul blog perché mi sfiancano!
Io mi ci sono divertito invece… Ciao!
Link esterni:
- Trailer del film su Youtube
- La pagina del film su Internet Movie DataBase
- Recensione del film su Cyberpunk Italia
- Recensione del film su L’antro atomico del Dr. Manhattan
- Recensione del film su Lega nerd
- Recensione del film su I cinemaniaci
- Recensione del film su Fumettologica
- Recensione del film su Per un pugno di film
- Recensione del film su Lo spazio bianco
- Recensione del film su Onironauta idiosincratico
- Recensione del film su Slow film
- Recensione del film su Il rifugio di Long John Silver
- Recensione del film su Nuovo cinema Locatelli
- Recensione del film su Il berserkr idealista
- Recensione del film su Aurora boreale
- Recensione del film su Il profumo della dolce via
- Recensione del film su Libramente
Come promesso ho visto il Ghost in the Shell del 1995! E mi è piaciuto un sacco, anche se tra il giapponese e i sottotitoli inglesi e le immagini spettacolo e, soprattutto, le musiche stratosferiche, ho voglia di rivederlo già! Voglio goderne a pieno, è molto denso e penso che a una seconda visione mi possa dare di più. Comunque mi è parso tanta roba…
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Io lo vedo e lo apprezzo tecnicamente ma mi lascia sempre molto indifferente.
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