The Cabin in the Woods

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Il metacinema nel metacinema: come nel più ispirato Wes Craven che non perde mai l’occasione di parlare di se stesso o del mezzo cinematografico, questo film di Drew Goddard si scontra subito con una questione spinosa: l’horror slasher per quattordicenni decerebrati.

E se da una parte questo genere ormai sviscerato ha quasi esaurito il guizzo di genio e innovazione, talvolta ci viene riproposto sotto una differente ottica narrativa che lo espone a nuova luce e di conseguenza a una nuova, possibile linfa vitale.

È il caso di Cabin in the Woods che, come detto, è calato prepotentemente, ed esplicitamente, nel metacinema più estremo, andando in culo a tutto il pubblico adolescenziale che domina le analisi di mercato delle major nell’infausta era teen horror post 2000.

Se hai 15 anni e una fidanzatina decerebrata a livello calabrone e per caso ti imbatti in questo film molto ruffiano nella sua presentazione esterna, preparati a essere preso a schiaffi in faccia. La tua ricerca dello pseudo Saw 3D o San Valentino di Sangue 3D (tutti tre dì) si interrompe bruscamente.

Inizialmente spiazzante, questo piccolo gioiello vira bruscamente sui più banali e classici cliché del genere inserendo, tra le tante cose: il redneck sputatore burbero della Carolina del Sud, la figa / l’atleta / il nerd / la ragazza carina ma non troia, e il sempre verde luogo isolato da dipingere con una mano di rosso.

Ma sin dalle prime battute qualcosa non va, qualcosa è fuori posto: uomini dal linguaggio ricercato controllano con le telecamere del Boss Artiglio cosa stanno facendo i nostri stereotipatissimi eroi nel loro piccolo rifugio montano.

Passerà relativamente poco e ci renderemo conto che il film diventa parodia di se stesso e scazza in modo inumano il target a cui è (non è) rivolto.

I controllori e i carcerieri devono soddisfare un sacrificio ad un Dio cthulesco (o cthuliano?) che si nutre di giovani e ignari ragazzi uccisi per mezzo di immonde creature che loro stessi chiameranno, guidati dalla stupida curiosità che contraddistingue l’abitante comune di tale film, mentre per assicurarsi una facile e liscia risoluzione del rituale questi freddi boia controlleranno ogni minimo aspetto del campo di gioco, da adesso pira sacrificale.

Gli eroi lasciano cadere a terra un’arma funzionante e funzionale? Perché dalla regia attivano un impulso eletrico che ti fa mollare la presa.

Meglio dividersi che stare uniti? Facile se si usano erogatori di sostanze allucinogene appositamente piazzati nel muro.

Nessuno accende mai le luci delle stanze? Perché è stata staccata preventivamente l’energia.

Il primo attacco del mostro di turno avviene sempre solo dopo che la coppia di fidanzatini ha iniziato a scopare? Ovvio se rilascio i mostri dopo aver pervaso il luogo di feromoni.

L’auto non parte mentre il mostro si avvicina? Ma se si manomette prima è chiaro!

E dove il cliché diventa un mezzo usato dalla narrazione per soddisfare lo spettatore e il film, così in Cabin in the Woods è anche parte integrante della narrazione stessa forando la quarta parete e mettendo tutto sotto una luce parodistica e riflessiva sul genere.

Dove il Dio a cui fare il sacrificio è la massa di spettatori paganti che ti venererà solo se ancora una volta messo davanti alla solita tipologia di film, dove gli stereotipi ribalteranno se stessi per stritolare questo mondo di perpetua ripetizione di un genere intorpidito dalla serialità commerciale, e dove una inaspettata Sigourney Weaver rappresenterà le major in cerca di sangue (denaro) ecco, qui si ha lo schiaffo di cui parlavo prima, diretto e ben piazzato al target. Che ovviamente stordito dal tono surreale ma al contempo vivido e realistico del film spegnerà il lettore DVD non rendendosi conto del perché si senta preso in giro.

Perché mi sento stronzo?

Dalla sensazione di un film non film al metacinema citazionistico: non manca nulla in questo guizzo di genialità, opera prima di un regista che si spera ci regali altre perle come queste. Sempre ben accette.


9 risposte a "The Cabin in the Woods"

  1. Visto pure io e lo considero una perla di quelle rare, grande Drew Goddard che mi ha impressionato anche coi suoi 7 sconosciuti a El Royale!

    Come per The Neon Demon, ti spiace se uso qualche elemento dei tuoi per una recensione in versione inglese di sto film? C’è piaciuto ad entrambi (e come potrebbe essere altrimenti?)!

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  2. E’ un film geniale e intlligente che gioca molto sui clichè dei film horror e svela al pubblico vari segreti di questo tipo di cinema, scherzandoci sopra parecchio e riuscendo allo stesso tempo a creare delle scene horror ben fatte.

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  3. adoro questo film
    poi come non si può amare quel gran figo di Chris che ci regala una delle morti più anticlimatiche e ilari della storia del cinema? 😀

    strano aver beccato un tuo post che non ho letto prima, nel 2016 nn ti seguivo?

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